La cucina, noi, i giovani
C’era una volta…e non è l’inizio di una favola nel …
I nostri schemi consolidati non esistono più. Il virus li ha spazzati via ed a noi non resta che reagire. Prima di farlo, però, occorre riflettere sul come farlo e su quanto sta accadendo – anche perché è inevitabile avere paura ma non possiamo fermare la vita, la creatività, l’energia.
Inutile tornare su discorsi già affrontati, su quella che era la nostra idea per far ripartire in assoluta sicurezza il comparto della ristorazione evitando cosi che venisse poi additato come “colpevole” della seconda ondata, come puntualmente è successo (per altro con disarmante superficialità).
Ho deciso che voglio guardare avanti, non sentirmi sconfitto anche se ci stanno lasciando soffrire e boccheggiare senza tener conto di ciò che rappresentiamo. Chiudere i ristoranti per la cena è deleterio – specie con un lockdown parziale che disincentiva anche il pranzo fuori, per di più in località e città sempre più “spoglie”. Abbiamo decine e decine di persone alle quali ciascuno di noi dà lavoro, ma soprattutto offre una speranza, una opportunità, una prospettiva.
Questo è il quadro generale, ma il lavoro è appunto l’unica strada che conosco per restare “vivo”. Alla Torre abbiamo appena approntato il nuovo menu, abbiamo voglia di sperimentare ed io intanto sto riflettendo su progetti innovativi che tengano conto non solo di questa mutata situazione a livello nazionale e mondiale, ma anche delle esigenze personali ed economiche delle persone che lavorano con me. Per loro vorrei battere i pugni sul tavolo, ma non sono sicuro che verremmo ascoltati.
Allora, meglio riorganizzarsi anche se non ho camere al mio ristorante e non posso dunque giovarmi del fatto che la ristorazione a cena è consentita negli alberghi. Bisogna scomporre tutto e ribaltare gli schemi precostituiti che sono stati ormai superati. Con coerenza e in sicurezza, ma non possiamo mollare proprio adesso.
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