Il mare è nel piatto
Dici estate e pensi: il mare è nel piatto. O …
Basta un post di un guru televisivo per scatenare l’odio in Rete, l’intolleranza e la triste banalità di chi non ci conosce e nulla sa del nostro lavoro. E’ ora di confutare tanti luoghi comuni diffusi. Non è vero che nell’alta ristorazione si mangia poco, al contrario spesso mi sono dovuto contenere sulle quantità per consentire al cliente un adeguato percorso di degustazione. Nei nostri ristoranti si spende più della media per almeno tre buoni motivi: la selezione della materia prima, il costo del corredo dei tavoli (tovagliato, calici, posateria, etc), l’immobilizzo di capitale per rifornire una cantina che soddisfi le esigenze di ogni tipo di clientela.
Non siamo tuttologi, come tanti altri personaggi con visibilità mediatica, e se veniamo intervistati parliamo esclusivamente del nostro lavoro e di quello che conosciamo, legato all’agricoltura, all’allevamento e all’ambiente. Siamo custodi , spesso gli unici, delle tradizioni di una cucina sublime, che reinterpretiamo a volte con spirito contemporaneo perché siamo contrari all’immobilità. Ci mettiamo la faccia e siamo la faccia all’estero dell’eccellenza gastronomica italiana, che certamente non può essere illustrata dalla trattoria sotto casa che a tanti piace e che, comunque, merita rispetto come chiunque lavori con fatica e tra mille difficoltà.
Infine vorrei parlare dell’aspetto salutare, che ci vede attenti alle indicazioni che ci arrivano dal mondo scientifico, medico e nutrizionista, che sicuramente non raccomanda le “abbuffate”. Siamo artigiani creativi e non capiamo perché debba essere svalutata la forza di una nostra idea o la bellezza e la bontà di un nostro piatto. Ci sforziamo di educare al gusto, gradualmente senza pressione, i palati di chi dal cibo vuole essere solo rassicurato e, troppo spesso, al cibo, anche mentre mangia, non dedica alcun pensiero.
Ci accusano di sfruttare il lavoro di tanti ragazzi, ma il mondo degli stagisti è regolato per legge, una legge che, semmai, ha il difetto di essere troppo restrittiva, in considerazione del numero rilevante di richieste che riceviamo, ma anche del lavoro di sostituzione che effettuiamo, di apprendistato di alto livello. Il giovane che entra nelle nostre cucine riempe il suo bagaglio di conoscenze, non solo relativamente alle eccellenti materie prime utilizzate, ma anche per le tecniche e la disciplina del lavoro in una grande cucina. Ne uscirà pronto per un’esperienza professionale autonoma e qualificata, consapevole di aver ben giocate le proprie carte per il futuro.
Del resto è l’identica situazione che vivono tanti ragazzi che puntano la propria vita lavorativa sul giornalismo, disposti a correre per interviste e ricerche, senza poter firmare per anni un proprio articolo , senza pensare al guadagno immediato,ma soddisfatti di poter apprendere il mestiere a stretto contatto con grandi professionisti.
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