La fiamma della brigata, un fuoco da alimentare
È sempre molto difficile non risultare autoreferenziali quando si parla …
Giacinto è un fiume in piena che ancora deve decidere dove sfociare. Alla Torre vi aspetta e poi vi accoglie, fa in modo che l’ospite “lasci fuori tutti i pensieri prima di entrare in una nuova dimensione”. Lo racconta con una convinzione del tutto speciale che condivide con i colleghi che lavorano in sala da Gennaro, vale a dire che “il mondo sta cambiando ma certi valori restano”. Ecco, per lui – per loro – l’accoglienza è un valore senza tempo.
Già, il tempo: Giacinto ne vorrebbe avere di più da poter dedicare alla sua grande passione: il disegno. Ha studiato all’istituto d’arte, si è diplomato ma poi la vita ha preso il sopravvento. La concretezza non ha spento i suoi sogni. “Avrei continuato a percorrere quella strada, non ho potuto e adesso inseguo… il tempo perduto”. Già perché Giacinto è un perfezionista e quindi lavora per migliorarsi ogni giorno e colmare le lacune che ritiene di avere: “Quando inizia il servizio ci focalizziamo sul cliente, per fortuna ci viene riconosciuta spesso la massima professionalità e soprattutto quel calore che noi persone del sud riusciamo immediatamente a trasferire. Certi complimenti che arrivano fanno estremamente piacere, ma non possiamo accontentarci anche perché Chef Esposito pretende, giustamente, sempre di più“.
Le giornate alla Torre sono lunghe, faticose ma affrontate con il sorriso. “Lavorare sotto pressione, fisica e mentale è possibile se ci sono rapporti umani consolidati – spiega Giacinto -. Per me, Gianni Piezzo, il nostro sommelier, è fratello maggiore, mentre Ciro ed Enzo che sono in sala rappresentano un maestro da rispettare ed un amico cui debbo tanto: giochiamo di squadra, per questo spesso riusciamo a far bella figura”. L’esperienza aiuta e Giacinto ne ha da vendere, nonostante non abbia nemmeno quarant’anni. Ha iniziato a lavorare ragazzino nei ristoranti di Vico ha girato tutte le frazioni, poi è stato fuori e dopo ancora è tornato per aprire un bar a Sant’Andrea di Vico Equense: “La gente veniva a prendere il caffè “da Giacinto” per il modo in cui li facevo sentire a casa, lì ho capito il valore dell’accoglienza”.
Lo stesso che da sei anni lo anima in ogni servizio alla Torre: “Il primo servizio, c’erano pochi tavoli ed eravamo cinque in sala: non ero abituato e non avevo mai immaginato di lavorare in un ambiente del genere. Per me la Torre rappresenta una crescita personale e culturale“. La stessa che lui augura ai figli Raffaele e Giorgia, accuditi quotidianamente dalla moglie Marianna. A casa è lei la regina dell’accoglienza, alla Torre – invece – abbiamo l’artista dell’accoglienza.
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