Pensieri, Azioni, Riflessioni

Da zio Gianni, quando ero Gennarino

Avevo circa 9 anni e come tutti i bambini a quell’età, immaginavo cosa avrei voluto diventare in futuro. Zio Gianni era proprietario di una pasticceria a Vico Equense e ogni mio momento libero era speso nel suo laboratorio: è così che mi sono “avviato” alla mia carriera, facendo il garzone nella sua bottega. Pensare adesso che a quell’età un bambino possa già essere impiegato come forza lavoro risulta strano e di sicuro troppo precoce ma anche questo è un segno di come i tempi siano cambiati. La domenica, i lunghi mesi estivi, le vacanze natalizie erano momenti di lavoro per me: sveglia presto e immerso nei sacchi di farina e zucchero che, allora, mi sembravano troppo grandi appoggiati sul banco delle preparazione. È stato in quel periodo che al mio nome si è aggiunto quel diminutivo di cui, ancora oggi, non riesco a liberarmi: ero Gennarino per tutti. Per i collaboratori di mio zio, che aiutavo nei compiti più semplici e per i clienti, soprattutto quelli abituali, con i quali avevo subito simpatizzato.

– “E Gennarino oggi dove è?” era la domanda che risuonava più spesso al bancone.

Ricordo vividamente i gesti: come le paste si depositavano nel vassoietto, il rito dell’incarto con la leggera carta disegnata e la consegna, con qualche raccomandazione, ai clienti che venivano a rifornirsi di quei tesori.

I ricordi più intensi della mia infanzia sono legati proprio alle feste natalizie. Erano i tempi in cui la pasticceria scandiva le stagioni. Questi erano i giorni in cui la produzione era concentrata sui dolci più tipici: roccocò e mustacciuoli, gli struffoli, le zeppole. Il negozio manteneva una propria cifra stilistica ma i dolci erano quelli semplici e le ricette quelle della tradizione: erano gli anni in cui tutta la pasticceria si caratterizzava per le sue qualità di riproducibilità. Non esisteva ancora, ad esempio, l’usanza di produrre artigianalmente i panettoni, considerati ancora come dei dolci troppo lontani dalle abitudini e dal consumo del territorio.

È stato quello il mio periodo di formule magiche applicate alla vita che ricordo come se fosse ieri e che, ogni anno, in questo periodo, rivivo con nostalgia.

Ho vissuto questo mia esperienza di avviamento al lavoro come una grande libertà. Mi ha permesso di conoscere il significato del guadagno, incontrare nuove persone, mi ha donato formazione e educazione.

Mio zio, più di tutti, è stato un grande esempio per me: mi ha insegnato le regole e la disciplina.

 

 

I suoi racconti spaziavano da note tecniche alla spiegazione dell’influenza dei passaggi e delle dominazioni sugli usi e le abitudini alimentari.

Ancora oggi, quando alla soglia dei 50 anni, qualcuno seguita a definirmi “Gennarino”, il mio pensiero corre veloce a quell’immaginazione infantile. Era impossibile, allora, prevedere il primo passo di quello che sarebbe diventato il mio vero lavoro e la mia più grande passione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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